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Requiem for advertising

21/06/2008 23115 lettori
5 minuti
La pubblicità è morta? Forse no, o forse non ancora, ma sicuramente non sta molto bene. Parlando di Social media, l'impressione è che la pubblicità così come la conosciamo oggi non può funzionare. L'arrivo della società liquida ha frammentato ogni elemento delle attività dell'uomo in tante piccole parti, per cui risulta sempre più difficile andare a individuare i target di riferimento nei posti dove consumano informazioni e in cui si intrattengono. Il tempo stesso dedicato al consumo dei media è ridotto, frammentato e traslato. Una volta c'erano i film solo al cinema. Il loro consumo avveniva in uno spazio (la sala cinematografica) e in un tempo (l'orario di programmazione) ben definito. L'arrivo dei film anche in tv ha modificato la componente dello spazio (si può vedere un film a casa propria) ma non il tempo (resta l'orario rigido della programmazione). Logico che fino a questo punto il raggiungimento dei target, da parte degli inserzionisti, era abbastanza semplice. Già con l'arrivo dei supporti magnetici (VHS) e poi di quelli digitali (DVD), anche la componente temporale ha subito una variazione sostanziale complicando non poco la vita ai pubblicitari. Tra evoluzioni tecnologiche ed evoluzioni umane, ne sono convinto, c'è sempre stato un rapporto reciproco: l'uomo si evolve e cambia la tecnologia, che evolvendosi cambia l'uomo. Un circolo virtuoso che molti chiamano progresso e che fa esclamare a molti altri (i più spaventati) "dove andremo a finire di questo passo!" La Rivoluzione digitale degli ultimi 15-20 anni ha anche modificato i comportamenti di noi utenti della comunicazione. Siamo tutti diventati più distratti, più distraibili e più smaliziati nel riconoscere (e possibilmente evitare) la pubblicità. E' sempre più difficile raggiungerci, e riusciamo a difenderci sempre meglio dai messaggi persuasivi. Per non morire, la pubblicità deve riuscire a cambiare i propri linguaggi, stili, modi e tecniche. Ce la farà?